Pubblichiamo il testo dell’omelia di don Maurizio
Stasera forse abbiamo fretta di scambiarci gli auguri per il nuovo anno che sta per aprirsi. Ma, se non lo abbiamo ancora fatto in questi giorni di festività natalizie, vale la pena fermarsi un attimo e guardare all’anno trascorso. Un anno è un tempo sufficientemente lungo per capire anche qualcosa di più di quello che stiamo vivendo come società, come comunità e personalmente. Fermarsi ad osservare e a pregare sull’anno trascorso ci salva dalle facili valutazioni dei soliti luoghi comuni, a causa dei quali rischiamo di perdere l’oggettività e il senso vero delle cose. Con i piedi per terra e con lo sguardo che osserva il passato ma per imparare a vivere il presente e prospettare un futuro, questa sera vogliamo anzitutto dire “grazie” ed elevare il nostro “Te Deum laudamus”, “noi ti lodiamo Dio”.
Il ricordo grato e commosso va anzitutto a coloro che abbiamo accompagnato nella malattia fino alla conclusione della loro vita terrena, lasciando un vuoto incolmabile nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie. Mai come in quei momenti abbiamo cercato in Dio la speranza e abbiamo contemplato la promessa di essere accolti nella sua gloria nell’assemblea dei santi.
In un tempo in cui da questa parte del mondo, forse per la maggioranza della popolazione, avere figli non è considerata più una benedizione, infatti sentiamo già il peso del venire meno delle nuove generazioni in ogni famiglia, in ogni esperienza di vita sociale, lavorativa ed anche ecclesiale, diciamo grazie ai genitori che hanno scelto con coraggio la sfida di generare. Ringraziamo per tutti i bambini che sono nati in questo anno nelle nostre case, vediamo nel loro sorriso e nella loro gioia la nostra speranza.
L’individualismo, lo sappiamo, segna il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando. Lo si percepisce in tutti gli aspetti della vita relazionale, e anche nella nostra comunità cristiana se ne avverte il peso. A volte si ha l’impressione che alle parrocchie venga chiesto semplicemente di offrire dei “servizi per i bisogni individuali”, e se possibile “come piace a me”, perdendo così l’oggettività dell’esperienza ecclesiale che chiede, invece, un coinvolgimento di tutta la persona dentro una fraternità che si riconosce tale a partire anzitutto dal vivere insieme e con partecipazione l’assemblea eucaristica domenicale. Un noi ecclesiale, e non un io individuale, che ha al centro Cristo e il suo mistero di Salvezza: Gesù, infatti, significa “Dio salva”. Paolo nella lettera ai filippesi in questo senso ci sollecita “nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!””.
Il crescente individualismo, lo spopolamento e la conseguente diminuzione di forse giovanili erode la grande rete di volontariato che caratterizza anche le nostre comunità locali, questo lo si coglie dalla voce dai responsabili di molte realtà associative presenti. Dovrà dunque essere ancora più accorato il nostro grazie a tutti coloro che con passione, impegno e gratuitamente svolgono il loro servizio anzitutto all’interno della comunità ecclesiale. Penso alle catechiste e agli educatori, ai volontari che hanno a cuore la vita delle parrocchie in tutte le loro necessità, a coloro che animano la liturgia. Penso anche ai volontari della nostra Caritas e a tutte le forme di solidarietà presenti nel tessuto civile di Gavirate e Comerio: la Croce Rossa, il Gruppo Rughe, il Banco di solidarietà alimentare e poi gli Alpini, l’Aveb… ma l’elenco è troppo lungo per citare tutti. Ed è importante che tutti insieme non ci sediamo ma continuiamo a guardare alle necessità dei fratelli e delle sorelle laddove si sperimentano, purtroppo, nuove povertà, una su tutte quella della solitudine. Anche su questo punto ci sentiamo sollecitati dalla parole di San Paolo quando scrive: “abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” che nello “svuotamento” di se stesso assunse uno sguardo pieno di compassione verso ogni persona, in particolare verso coloro che soffrono.
L’anno che verrà sarà un anno che chiamerà tutta la Comunità Pastorale ma anche in parte la Comunità Civile a importanti cambiamenti. Infatti nel mese di maggio vivremo il rinnovo dei Consigli Parrocchiali e pochi giorni dopo saremo chiamati nel Comune di Gavirate all’elezione di una nuova Amministrazione. Il nostro grazie va oggi a tutti coloro che fino ad ora hanno accolto l’onere e la responsabilità di consigliare in parrocchia e di amministrare nei nostri comuni di Gavirate e Comerio per il bene di tutta la collettività. Ma accanto a questo sentiamoci sollecitati a dire il nostro sì per metterci al servizio del bene comune, tenendo lontani interessi puramente di parte per mettere al centro dell’azione di governo della città il bene di ogni persona. E come comunità ecclesiale, nel rinnovo dei suoi Consigli sentiamoci parte di quel camminare insieme tanto caro al Santo Padre Francesco, affinché non venga mai meno qui tra le nostre case e in mezzo alla nostra gente un autentica testimonianza evangelica, che si traduce in cura pastorale in tutte le sue forme: l’annuncio del vangelo, la liturgia e la carità. Attraverso la gente della parrocchia è Gesù, è il Buon Pastore, che si prende cura di tutte le pecore del suo gregge, anche di quella che se ne è andata. Il volto di Gesù è fatto dai volti delle persone della Chiesa che vive qui nelle nostre parrocchie.
Così diventino vere anche per noi le parole di benedizione che il Signore affidò a Mosè:
“Ti benedica il Signore e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.