25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. 27Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: “Ho sete”. 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero, dunque, i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.
Siamo nella parte centrale del racconto della Passione secondo Giovanni, ci troviamo proprio sotto la croce.
Siamo molto fortunati, perché è proprio la scena raffigurata nell’abside della nostra chiesa
prepositurale di Gavirate.
Possiamo notare che Gesù non è solo: con lui ci sono alcune donne tra cui la Madonna e il discepolo che Gesù amava, che tradizionalmente associamo a San Giovanni, patrono di Gavirate.
LaChiesanascedallacroce (vv. 25-27)
Ai piedi della croce, assistiamo alla nascita della comunità dei credenti, come Gesù stesso disse: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12, 32).
La comunità dei figli di Dio nasce dalla croce, la Chiesa che noi oggi vediamo e viviamo nasce dalla croce, noi oggi siamo qui per venerare la reliquia della Santa Croce dalla quale scaturisce la nostra salvezza e ogni motivo del nostro camminare insieme verso il Signore.
L’ultimo atto di Gesù prima di morire è stato fondare la Chiesa nella persona della madre e del discepolo prediletto: come una “nuova famiglia”.
È significativo che nasca come una famiglia: “Ecco tuo figlio” e “Ecco tua madre”.
Dietro al gesto di pietà filiale di Gesù, che affida la cura di sua madre al discepolo prediletto, possiamo scorgere un significato più ampio, che vale anche per noi, oggi!
Né Maria né Giovanni sono chiamati per nome, ma sono chiamati con “madre” e “discepolo”. Maria è la madre di Gesù e del discepolo e, insieme, di tutti i discepoli e, quindi, di tutta la Chiesa. Giovanni, invece, rappresenta tutti i discepoli di Gesù, i credenti che Egli ama.
Sono indicati, nel Vangelo, la loro funzione, il loro ruolo: sono delle persone rappresentative, affinché anche noi possiamo immedesimarci nella scena e affinché possiamo anche noi comprendere di essere parte di questa Chiesa.
Maria è il modello di ogni credente, è modello per la nostra fede
Ella ha saputo compiere fino in fondo il cammino della fede: ha saputo vedere nel volto del suo figlio crocifisso lo splendore e la grazia di Dio, ha saputo condividere il destino di suo figlio, tanto che il dolore di Gesù è diventato il suo dolore e ha ascoltato l’invito di Gesù “Ecco tuo figlio” a rivolgere le sue cure e il suo servizio a Giovanni, ai discepoli e, più ampiamente, alla Chiesa tutta di tutti i secoli.
La croce: vero amore e vera libertà (vv. 28-30)
In Gesù tutto si compie.
Il verbo “compiere” risuona molte volte in questi pochi versi.
Il compimento cui si allude non è solo il fatto che la fine della vita di Gesù è giunta, perché sarebbe troppo banalizzante.
Il compimento vero che abbiamo di fronte è quello dell’opera che Dio Padre ha affidato a Gesù. Egli ha compiuto fino al limite più estremo il suo amore, la sua obbedienza.
Il verbo usato è teleioun, che suggerisce l’idea di un dinamismo che raggiunge il suo vertice, la sua maturazione, in quanto la croce non è un compimento come gli altri, non è un riempire fino all’orlo un recipiente, bensì è il termine a cui tutta la Scrittura e tutta la storia della salvezza tende.
Gesù consegna lo spirito.
Gesù muore, sulla croce, cosciente e consenziente.
Il verbo è all’attivo e ciò rende perfettamente l’iniziativa piena di Gesù.
Gesù non vuole morire, il Padre non vuole che suo Figlio muoia, tuttavia, quest’ultimo, liberamente, si consegna al Padre, il quale lo consegna, altrettanto liberamente, al volere degli uomini.
Gesù conclude la sua vita e la sua opera in un atto di serena consegna e nell’atteggiamento che
gli è stato abituale tutta la vita, ovvero il dono.
Gesù nostra salvezza (vv. 31-34)
Gesù è crocifisso in mezzo ai ladroni.
Il Crocifisso non è solo Figlio di Dio che muore per i peccatori, ma è di più. È il Figlio di Dio che muore in mezzo ai peccatori, ai due ladroni: un tratto, non scontato e veramente affascinante! I crocifissi però sono il segno della maledizione di Dio, quindi, per due motivi devono essere nascosti. Il primo riguarda la ricorrenza che si stava celebrando, era, infatti, giorno di festa, mentre, il secondo concerne il timore che la loro maledizione potesse colpire tutta la terra d’Israele.
Ai due malfattori vengono spezzate le gambe per velocizzare la morte, a Gesù no.
Gesù attraversa tutto il dolore e tutta la sofferenza, non ha nessuno sconto, patisce tutto ciò che poteva patire.
In questo passaggio, Giovanni vede un altro compimento delle Scritture: si riferiva all’agnello al quale non dovevano essere spezzate le ossa citato nel libro dell’Esodo e nel libro dei Numeri, che veniva immolato dai sacerdoti all’ora sesta, medesima ora della crocifissione di Gesù.
La croce non finisce con la croce.
Il fianco di Gesù viene trafitto con una lancia, per essere sicuri che sia morto. Da quella ferita sgorgano sangue e acqua: sono i doni dell’amore di Gesù!
Anch’essi non sono un caso, hanno un significato preciso: il sangue ci riporta all’immenso valore redentore del sacrificio di Gesù e al Sacramento dell’Eucaristia, mentre l’acqua ci riporta al dono dello Spirito e al Sacramento del Battesimo, frutti del sacrificio di Gesù.
Dalla croce, quindi, emblema della fine e della morte, sorge qualcosa che dura per sempre, che ci accompagna nel cammino di fede che oggi siamo chiamati tutti a vivere: i Sacramenti.
Concludendo, quando guardiamo all’abside di questa nostra chiesa, ricordiamoci sempre che stiamo guardando al Figlio di Dio che muore per noi, che si consegna liberamente al Padre, che soffre tutto ciò che poteva soffrire per la nostra redenzione e, nello stesso tempo, stiamo vedendo anche la Chiesa che nasce da quest’evento e che continua a renderlo attuale mediante la celebrazione dei Sacramenti.
https://www.chiesadigaviratecomerio.it/wp-content/uploads/2024/03/pietro-cavallini-crocifissione-gesu-maria-1.jpg6651024Parrocchia-editorhttps://www.chiesadigaviratecomerio.it/wp-content/uploads/2017/04/logo4-300x91.pngParrocchia-editor2024-03-08 16:46:072024-03-08 16:46:07La Chiesa nasce dalla croce