TEMPO DI NATALE

Il nostro arcivescovo Mario in più occasioni ha denunciato l’emergenza spirituale del nostro tempo. La parola di Dio, ascoltata e meditata, sia per noi come un vaccino.

Per questo abbiamo deciso di proporre all’attenzione di tutti le omelie dei nostri sacerdoti, a commento delle Scritture dei giorni di festa, perché ci aiutino ad ottenere da Dio il dono dell’intelligenza che penetra la parola di vita, come oggi abbiamo pregato, invocando S. Giovanni evangelista, nostro patrono.

Omelia di Natale

Siamo qui riuniti per celebrare il Santo Natale, che ci può evocare tante cose, alcune delle quali quest’anno saranno presenti in modo sobrio. E ciò può essere l’occasione per riscoprire l’essenziale del Santo Natale.

 Quale è il cuore del Natale?  Che cosa fa il Natale? Perché la festa del Natale è un giorno veramente speciale, un giorno che pur ritornando ogni anno è sempre nuovo? Il segno del Natale è ben rappresentato nel presepio, che troviamo in questi giorni in tutte le chiese e nelle nostre case. È il segno che più di 2000 anni fa a Betlemme gli angeli indicarono a dei pastori: un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia. Ecco, pur apprezzando tutti gli altri richiami che il Natale evoca in noi, non dobbiamo perdere di vista questo segno, la ‘nascita di un bambino, che giace in una mangiatoia’. Tutto quello che caratterizza il Natale, oggi giorno, ben venga, purché non distolga l’attenzione da ciò che è il cuore del Natale: la nascita di un bambino.

Tutte le madri e i padri qui presenti sanno bene quanto sia cambiata la loro vita nel giorno in cui è venuto alla luce il loro primo figlio/a. Prima pensavano la vita in un altro modo, ma da quell’istante in poi le cose per loro sono cambiate per sempre, perché ormai c’era quel bambino/a. Prima quel figlio/a poteva essere un sogno, un desiderio. una possibilità. Ma in quel preciso istante è diventato una realtà.  Lui o lei c’è e la loro vita ormai è cambiata. Ricordo chiaramente il volto del mio primo catechista – a quei tempi ero in Africa – che, prima ancora dell’alba, bussò alla mia porta e quando aprii, prima che potessi proferire parola, mi disse: questa notte sono diventato papà.

Un fatto del genere, la nascita di un bimbo, anche se di portata immensamente maggiore, ci è annunciato dalle letture di questa sera. “Fratelli – scrive l’apostolo Paolo – quando venne la pienezza del tempo Dio mandò il suo figlio nato da donna”. San Paolo ci annuncia   una nascita che segna il tempo di tutta l’umanità, il nostro stesso tempo. E San Giovanni aggiunge: il Verbo (il Figlio unigenito di Dio) si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi. Vedete, noi siamo qui a celebrare un evento che ha cambiato la storia dell’umanità. Noi siamo qui a celebrare la nascita di un bambino la cui rilevanza tocca la vita e la morte di ciascuno di noi, dell’umanità intera. Di più: dell’universo intero! Gli occhi vedono un neonato che giace nella mangiatoia, la Parola di Dio ci rivela che quel fragile bambino è il Figlio di Dio, è Dio che si è fatto uomo in tutto simile a noi tranne che nel peccato, che è venuto in mezzo a noi,

Chi è questo bambino? Guardiamolo, questa sera, domani, nei giorni seguenti e chiediamoci: chi è questo bambino?   È Dio con noi. E allora che cosa nasce in noi? Lo stupore, la meraviglia, che la liturgia natalizia e i Padri della Chiesa dei primi secoli espressero con immagini molto vive.  “È deposto in una stalla – si dice in una preghiera – colui che contiene l’universo, giace in una mangiatoia e regna nei cieli”

La meraviglia suscita delle domande. Se davvero riconosciamo nella fede in questo fragile bambino Dio, l’onnipotente, il creatore del cielo e della terra, l’eterno, nasce la domanda: perché Dio nel tempo stabilito venne a noi come un fragile bambino? La risposta ci è suggerita da Benedetto XVI in una sua omelia Natalizia: “Dio si fa bambino, affinché noi possiamo amarlo, affinché osiamo amarlo, e, come bambino, si mette fiduciosamente nelle nostre mani. Dio dice quasi: So che il mio splendore ti spaventa, che di fronte alla mia grandezza tu cerchi di affermare te stesso. Ebbene, vengo dunque a te come bambino, perché tu possa accogliermi ed amarmi”.

Dio venendo a noi come fragile bambino ci rivela chi è veramente Lui per noi. La sua onnipotenza non è quella che abbiamo in mente noi e vediamo nei potenti di questo mondo, che nel corso dei secoli si sono susseguiti e hanno approfittato della loro forza per dominare, per sottomettere, asservire. Dio venendo come un bambino fragile, vulnerabile, ci vuole liberare dall’idea di un Dio despota, che si impone, asserve, condanna, fa paura. Già in questa nascita di Gesù si preannuncia il volto benevolo, misericordioso di Dio, che andrà manifestandosi sempre di più nella vita di Gesù e pienamente nella sua passione e morte in croce.

E se questo è il volto di Dio quale sarà quello dell’uomo creato a sua immagine?  Quale sarà la vera grandezza dell’uomo? Quale sarà l’idea dell’essere umano, uomo e donna, figlio di Dio, fatto a sua immagine? Non potrà essere in contraddizione con il volto di Dio Padre nostro, che si rivela già in Gesù bambino, infante e poi in tutta la sua vita fino al  dono completo di sé sulla croce. Ecco Dio venendo a noi come fragile bambino ci rivela sé stesso, ma anche nello stesso tempo ci rivela chi è l’uomo, chi siamo noi, chiamati a essere suoi figli, a sua immagine.

Se ci esaminiamo con verità ci rendiamo conto di essere peccatori, cioè che non siamo proprio in sintonia con la nostra chiamata a essere figli di Dio a immagine sua. I nostri criteri di giudizio, le nostre ambizioni, le nostre aspettative e quindi le nostre priorità, scelte di vita non sono proprio in sintonia con un Dio che ci viene incontro come un fragile bambino.  La grandezza a cui noi ambiamo non è quella che risplende in Dio, che viene a noi come un fragile bambino. “Dio – ha detto Papa Francesco in un suo augurio Natalizio – ha voluto capovolgere i valori del mondo: si è fatto piccolo in una stalla, con i piccoli, con i poveri, con gli emarginati”. Ecco: Dio venendo in mezzo a noi come un fragile, vulnerabile bambino ci sconvolge, mette in crisi il nostro modo non solo di guardare a lui, ma anche di guardare a noi, agli altri, alla realtà tutta. Non ciò che è grande ai nostri occhi è grande agli occhi di Dio, ma ciò che per noi è piccolo è grande per Dio.  “Se uno vuol essere primo si faccia schiavo degli altri”, ci dirà questo bambino, quando, adulto, annuncerà il suo Vangelo.

Ma attenti! Dio facendosi uomo, non solo ci rivela chi siamo noi: figli suoi, a sua immagine, ma anche ci rende capaci di diventarlo veramente. Si compie quello che i Padri dei primi tempi della Chiesa chiamarono: il “mirabile scambio”. “Il Figlio di Dio accetta la povertà della carne, affinché io entri in possesso delle ricchezze della sua Divinità.  Colui che è la pienezza si annienta, si spoglia,  per rendermi partecipe della sua pienezza. Chi potrà comprendere la sua bontà? “(Gregorio di Nazianzeno). il Figlio unigenito di Dio si è fatto uomo, in tutto simile a noi, eccetto che nel peccato, affinché noi diventassimo figli di Dio, a sua immagine… affinché nasca una nuova umanità, i cui membri in comunione tra loro vivano da Figli di Dio, e quindi da fratelli e sorelle la novità del Vangelo di Gesù, ben espressa nelle Beatitudini evangeliche. E allora la profezia di Isaia. “I popoli spezzeranno le loro spade e ne faranno degli aratri; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” non ci apparirà più come un sogno impossibile, ma una meta promessa verso cui camminare con speranza certa. (L’amicizia sociale, “Fratelli tutti, Papa Francesco).

Oggi celebriamo la nascita di Gesù e nello stesso tempo il frutto di questa nascita: la nostra rinascita in lui come Figli di Dio, partecipi della stessa vita di Dio, la cui grandezza non sta nel dominare, asservire, incutere terrore, condannare, ma nel servire, nell’infondere fiducia, nella benevolenza verso tutti, in una parola nell’amare. Ecco Il dono che vogliamo chiedere a Dio che si fa bambino per noi: la capacità di deporre tutte le nostre ambizioni di occupare posizioni “alte”, di onore, di privilegio, di prestigio, ogni ambizione di essere più in “alto”, superiori agli altri e sapere farci piccoli e quindi essere al fianco di coloro, che sono deboli, messi da parte, spesso esclusi. Così sperimenteremo la gioia vera del Natale.

Emilio Patriarca Vescovo