VOLGERANNO LO SGUARDO A COLUI CHE HANNO TRAFITTO

I romani erano soliti lasciare appesi per giorni i condannati a morte, come monito a tutti.  Per i giudei invece i condannati devono essere tolti subito per poter celebrare in modo puro la Pasqua. Per questo chiedono che siano spezzate le gambe e che vengano portati via subito, cioè prima che si entri nel giorno della festa di Pasqua.

“Se un uomo avrà commesso un delitto degno di morte e tu l’avrai messo a morte e appeso a un albero, il suo cadavere non dovrà rimanere tutta la notte sull’albero, ma lo seppellirai lo stesso giorno, perché l’appeso è una maledizione di Dio e tu non contaminerai il paese che il Signore, tuo Dio, ti dà in eredità” (Dt 22, 21-23).

La testimonianza di Giovanni è perché noi, i lettori, possiamo avere fede.  “Chi ha visto” ne dà testimonianza. L’evento della morte di Gesù lo può capire solo chi ha visto e continua a perseverare nell’atteggiamento contemplativo. È un vedere profondo quello della fede, che contemplando il fatto, rende partecipe l’osservatore di una verità più profonda: la salvezza. La portata salvifica del fatto è testimoniata mediante due citazioni bibliche. Giovanni intuisce di essere davanti al cuore del Vangelo e le due citazioni diventano una chiave di lettura di tutta la passione e la vita di Gesù.

36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19, 36-37).

Non gli sarà spezzato alcun osso sono parole che nascono dalla fusione di due citazioni:

“Custodisce tutte le sue ossa: neppure uno sarà spezzato” (Sal 34, 21 che parla del giusto perseguitato ingiustamente).

“Non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso” (Es 12, 46).

Il fatto delle gambe non spezzate è spiegato col rituale della Pasqua ebraica; inoltre secondo Giovanni Gesù non muore il giorno di Pasqua, ma alla vigilia, nel momento stesso in cui nel tempio erano immolati gli agnelli dai sacerdoti. Gesù in croce è il vero Agnello di Dio, di cui parlava Giovanni il Battista (Gv 1, 29).

Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto. Riprendono Zc 12, 10. Il profeta allude alla morte di un misterioso re pastore e a Dio che si sente personalmente ferito da questa morte. Dio però prende l’iniziativa per un grande ritorno del popolo e per un’adesione di tutti gli abitanti di Gerusalemme a colui che è stato ucciso:

“Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito. In quel giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon nella pianura di Meghiddo. Farà lutto il paese, famiglia per famiglia:

la famiglia della casa di Davide a parte
e le loro donne a parte;
la famiglia della casa di Natan a parte
e le loro donne a parte;
la famiglia della casa di Levi a parte
e le loro donne a parte;
la famiglia della casa di Simei a parte
e le loro donne a parte;
tutte le altre famiglie a parte
e le loro donne a parte” (
Zc 12, 10-14).

Dio promette loro uno spirito buono e una fonte zampillante per lavare il loro peccato:

“In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità” (Zc 13, 1).

Questa fonte è specificata in Zc 14, 8, che probabilmente è uno sviluppo di Ez 47, 1-12, dove il profeta vede l’acqua che fluisce abbondante e purificatrice dal tempio di Gerusalemme: il corpo di Gesù sulla croce sostituisce ormai il tempio di Gerusalemme. In quel giorno acque vive sgorgheranno da Gerusalemme e scenderanno parte verso il mare orientale, parte verso il mare occidentale: ve ne saranno sempre, estate e inverno (Zc 14, 8).

1Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. 2Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. 3Quell’uomo avanzò verso oriente e con una cordicella in mano misurò mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva alla caviglia. 4Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva al ginocchio. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare l’acqua: mi giungeva ai fianchi. 5Ne misurò altri mille: era un torrente che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute; erano acque navigabili, un torrente che non si poteva passare a guado. 6Allora egli mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo?». Poi mi fece ritornare sulla sponda del torrente; 7voltandomi, vidi che sulla sponda del torrente vi era una grandissima quantità di alberi da una parte e dall’altra. 8Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. 9Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. 10Sulle sue rive vi saranno pescatori: da Engàddi a En-Eglàim vi sarà una distesa di reti. I pesci, secondo le loro specie, saranno abbondanti come i pesci del Mare Grande. 11Però le sue paludi e le sue lagune non saranno risanate: saranno abbandonate al sale. 12Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina (Ez 47, 1-12).

Il costato trafitto di Gesù è il vertice per capire la sua vera identità. Nel costato trafitto troviamo un’allusione al costato di Adamo (pleura, dal greco) al momento della creazione di Eva:

Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse:

«Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall’uomo è stata tolta» (Gn 2, 21-23).

 Molti Padri della Chiesa hanno dedotto che dal costato di Gesù è nata la Chiesa.

33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. (al singolare vengono strettamente uniti).

Il sangue per tutta la mentalità biblica è la sede della vita:

11Poiché la vita della carne è nel sangue. Perciò vi ho concesso di porlo sull’altare in espiazione per le vostre vite; perché il sangue espia, in quanto è la vita. 14perché la vita di ogni essere vivente è il suo sangue, in quanto è la sua vita. Perciò ho ordinato agli Israeliti: Non mangerete sangue di alcuna specie di essere vivente, perché il sangue è la vita di ogni carne; chiunque ne mangerà sarà eliminato (Lv 17, 11.14).

Il sangue di Gesù perciò rappresenta la sua vita profonda, la sua intimità col Padre, il suo essere amato dal Padre, il suo amore supremo per il Padre e per gli uomini, manifestato in tutta la sua vita e compiuto qui sulla croce. Gesù dona sulla croce tutta la sua vita. È compiuto il dono di sé e il suo regno in noi, rendendoci per sempre partecipi della sua intimità col Padre.

L’acqua è un segno. Il verbo al singolare “uscì” esprime l’intima connessione tra sangue ed acqua: è per mezzo della morte di Gesù, simboleggiata dal sangue, che fluisce anche il dono dell’acqua.

Per comprendere il significato dell’acqua dobbiamo rimandare al dialogo con la Samaritana. Gesù aveva promesso il dono di un’acqua viva, che zampilla per la vita eterna. In Gv 7 Gesù aveva detto che a chi crede in lui sarebbero scaturiti fiumi di acqua viva, ora quella promessa si realizza: al momento della sua morte, Gesù ci dona il suo Spirito. L’acqua esprime la fecondità spirituale del sangue di Cristo. Da Gesù lo Spirito è effuso nei nostri cuori e vi porta l’amore di Dio, la consapevolezza che siamo figli suoi e che lo possiamo chiamare Abbà Padre. Grazie al dono dello Spirito, la vita dei credenti diventa una partecipazione alla vita stessa di Gesù Cristo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 20).

In conclusione: Scopo ed effetto della testimonianza è che tutti volgano lo sguardo a colui che è stato trafitto. Questa contemplazione del Crocifisso, fatta con la guida dello Spirito, offre la rivelazione della vera identità di Gesù e introduce nella condivisione della relazione che il Figlio ha con il Padre.

Diceva così Papa Benedetto nella Deus Caritas est, n. 12: “Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo comprende che Dio è amore. È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare”.