Laudato si’ mi’ Signore. Le prime parole dell’enciclica di Francesco aprono uno splendido orizzonte. Il cantico alla creazione del Poverello d’Assisi, si rivolge al Creatore che nella natura ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà, perciò attende da noi una risposta e un senso di gratitudine e di responsabilità, che si traducono in sincera cura per l’ambiente e in un costante impegno riguardo ai problemi della società.
1. Rompere con l’indifferenza
Il papa scrive sulle meraviglie della nostra madre Terra, che «protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei» (2). Questo avviene sotto lo sguardo indifferente di potenti, ricchi e corrotti…, di ciascuno di noi che per incoerenza, disinteresse o irresponsabilità, finiamo per chiudere gli occhi sul degrado umano, sociale e ambientale. Per troppo tempo ci siamo rinchiusi in noi stessi, preoccupati esclusivamente di difendere i nostri privilegi e il nostro benessere (magari acquisito sulle spalle degli altri). È venuto il momento di svegliarsi, di uscire da sé, perché «l’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (13).
2. Meravigliarsi ancora come i bambini
L’enciclica è una chiamata ad aprirsi alla meraviglia del mondo e dei suoi abitanti, per scoprire l’Autore divino. Che bello sarebbe tornare a meravigliarsi come i bambini! In questo modo possiamo più facilmente rinunciare a «fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio» (11), e «riconoscere la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla» (12). «La consapevolezza che siamo una sola famiglia umana» (52) ci può svegliare dal nostro torpore, per proteggere l’ambiente e aiutare gli altri.
All’interno della grandezza dell’universo, la più alta causa di meraviglia è l’essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, amato da Lui prima della sua formazione nel grembo materno. È una grande fonte di speranza sapere che «siamo stati concepiti nel cuore di Dio» (65). L’uomo, con la sua «capacità di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone» e con Dio Padre, ha una dignità infinita (65) che non può dimenticare. E maltrattare altre creature è contrario proprio alla sua stessa dignità (92).
3. Proteggere i più deboli
Come il santo di Assisi, «esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole, e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità» (10), dobbiamo difendere i più bisognosi. La terra flagellata, sfruttata, vessata da una logica consumistica, ci porta a pensare ai più deboli. Non possiamo restare in silenzio di fronte alla cultura dello scarto (20-22, 43). I primi a notare il rigore della scopa che li getta via da questo mondo, sono i nascituri, i malati, i bambini, gli anziani, i lavoratori precari, i senza tetto, gli emigranti in fuga dalle guerre o dalla miseria…