BIANCO NATALE (la meśa de mezanott)

 

Penso ai dì di lontana memoria
nell’uggioso meriggio d’inverno,
mentre arde il bracier nel camino
che contrasta il grigiore del giorno,
rannicchiato sulla piccola panca
godo il canto del mite tepore
e al baglior delle mille faville
si ridesta il sospir del mio cuore,
sì che parmi del tempo riviver
l’animato fervor fanciullino,
quel che al primo sentor del Natale
m’accostava all’altro Bambino …..,
     “sϋ, prepẚrett par nẚ a la nuvéna”                                        “su, preparati per recarti alla novena”
     m’esortava la mamma al riguardo,
     mentre avvolta dal mistico tempo
     di letizia abbondava lo sguardo,
     “pӧ ricόrdet du la léterina                                                         “poi ricordati della letterina                  
     de mett sota al piatt dul tό pẚ,                                                 da mettere sotto il piatto del papà,        
     spend mia tant, in danée bϋtẚ via,                                         non spendere tanto, sono soldi buttati,           
     i prupόsit ultra a scrívei in de fẚ”,                                            i propositi oltre a scriverli vanno realizzati,
     sotto il chiar della luna e le stelle
     ogni dì percorrevo il cammino
     e sperando nel bianco candore
     al Natale mi sentivo vicino,
     sin la sera della trepida attesa
     verso l’ora della media nottata,
     allorché con il cuor palpitante
     mi recavo alla messa cantata,
     sull’incerto passaggio del Pargol
     alludeva la mamma al ritorno,
     poiché ul fẚtu de véss un brighéla                                           poiché Il fatto di essere un monello
     precludeva al generoso soggiorno,
     quà e là però intanto scendeva
     qualche fiocco del bianco mantello,
     l’indoman dopo il lesto risveglio
     del Natale avrei goduto il più bello,
arde il ceppo nel nero camino
cospargendo l’antica fragranza
e sognando con l’occhi socchiusi
ardo in sen d’una mia speranza,
sì che volgo il pensier all’avanti
verso quel ch’oggi appar surreale,
tale il bianco candor della neve
che gioioso mi rendeva il Natale.
Giancabogni                                                   
Natale 2019
Lo spunto per questa lunga poesia, paragonabile ad una breve storiella, è scaturito dal cambiamento climatico in atto alla nostra latitudine, sono infatti a mia memoria, diversi anni che il giorno di Natale assomiglia più a una giornata primaverile che ad una invernale, cosa abbastanza anomala in confronto ai miei ricordi infantili, quando iniziava a nevicare già a novembre per poi proseguire alternandosi con il sereno e rigido clima, a volte fino a primavera già inoltrata.
Ciò ha dato adito all’impressione nella mia memoria di un sacco di ricordi collegati a questo fattore, tra i quali uno dei più nitidi è collegato al bianco e candido colore della neve, che ricopriva come un manto l’allora silenzioso e non trafficato piccolo paese di Groppello, qualche volta poi, la nevicata scendeva copiosa proprio durante la notte della vigilia di Natale, quando trepidanti si aspettava l’arrivo di Gesù Bambino, con qualche regalo di fattura direttamente proporzionale al comportamento tenuto durante l’anno, ma nonostante ciò, a dispetto di questa allusione, bastava la nevicata a rinvigorire un ulteriore motivo di gratitudine verso il piccolo Pargoletto.
A supporto della veridicità di questa tipologia climatica, vi sono le varie cartoline illustrate che allora in mancanza di SMS o di varie altre diavolerie e applicazioni, era usanza spedire ai parenti/amici per augurare loro un ‘BUON NATALE’, queste cartoline rappresentavano quasi tutte dei paesaggi innevati, decorati poi con vari lustrini che le rendevano atte al clima natalizio.
Ma tornando alla poesia, mi sono attenuto senza fantasticare, alla realtà dei miei ricordi, in essa ho cercato di descrivere alcune tradizioni ora relegate nel dimenticatoio, usanze collegate all’allora mondo contadino e operaio e non tecnologicamente evoluto come lo è l’attuale, mondo anche più legato ai valori religiosi e più ligio agli ordinamenti cristiani.
Una di queste usanze era la partecipazione quasi obbligatoria alla novena di Natale (Don Felice teneva un registro delle presenze e in caso di assenza si doveva darne giustificazione), questa si svolgeva nel periodo che  andava dall’otto dicembre (la Madόna), fino al giorno antecedente la vigilia di Natale, in orario preserale e comunque col cielo già buio, ad essa partecipavano i bambini delle scuole elementari, il parroco illustrava i fondamentali della festa quindi faceva recitare le preghiere ed eseguire vari canti natalizi.
Dato l’orario e data la posizione della chiesa, i bambini di Groppello, a differenza di quelli di Oltrona, si recavano alla novena generalmente in gruppo, poiché bisognava passare davanti al cancello del cimitero e timorosi ‘di poverẚnim’ (anime dei morti), si facevano reciprocamente coraggio, pur oltrepassando lo stesso con una corsa degna di record olimpionico.
Un’altra usanza era ‘la letterina di Natale’, lettera addobbata di lustrini natalizi che la maestra faceva compilare durante l’orario scolastico, in essa si descrivevano i vari buoni propositi ai quali si doveva dar seguito durante l’anno, ciò per essere coerenti con gli insegnamenti civici e religiosi allora imparati.
Questa letterina molto segretamente, la si metteva sotto un piatto del pranzo di Natale e precisamente sotto quello del papà, il quale alla scoperta della stessa e dopo averla attentamente letta, era solito elargire ‘una bonamẚan’ (una mancia), cosa molto gradita a noi bambini.
Poi c’era sempre l’allusione dei genitori e in particolar modo della mamma, verso il fatto che Gesù Bambino sarebbe passato con i suoi doni solo se questi fossero stati meritati, merito che era, come dicevo, proporzionale al grado di monelleria tenuto durante tutto l’anno, grado che poi risultava di poco conto, poiché qualche regalo arrivava comunque, l’incertezza di questo generoso passaggio di Gesù Bambino, teneva comunque sulle spine i bambini per tutto il periodo prenatalizio.
La messa di mezzanotte era poi una cosa fuori dalla normalità, per cui si era ansiosi di partecipare ad essa anche per dimostrare di essere grado di rimanere svegli fino a tarda notte e di entrare pian piano a far parte del futuro stato adolescenziale.
Tuttavia la cosa più gradita era la neve, con essa il Natale era più Natale, sembrava si avverasse ciò che i vari canti natalizi avevano come soggetto e poi, per noi bambini di allora il divertimento era assicurato.
La speranza comunque è l’ultima cosa alla quale non si deve occludere il passo, chissà, forse potrei ancora godere di qualche ‘BIANCO NATALE’.

 

About the Author