Nella prima lettura e nel brano evangelico della S. Messa odierna si dice chiaramente che Gesù Cristo doveva soffrire. Signore non mi chiedo: perché era così necessario che tu dovevi soffrire? Ti chiedo di aiutarmi a percepire qualcosa di questo mistero, fin dove può essere possibile per me, che desidero credere un po’ di più in te.
Si, so già alcune risposte, che ho imparato e anche predicato. Sei stato trafitto per le nostre colpe, hai preso su di te i nostri peccati, lo hai fatto per guarirci, per salvarci. Hai sofferto per amarci fino alla fine, per rivelarci il vero volto del tuo e nostro Padre.
Ma penso che ciò che ho imparato non è sufficiente, e quando lo annuncio nelle prediche avverto che balbetto qualche cosa, che è solo alle soglie del mistero. Non lo contraddice, ma non lo penetra. E non pretendo di penetrarlo, so che non è ancora giunta l’ora per essere introdotto in questo mistero. Rimango alla soglia in attesa.
Non ti nascondo che, quando mi soffermo su questa necessità che c’è stata per te di dover soffrire, avverto un senso di smarrimento. Capisco che non posso esser tuo discepolo se non metto in conto che questa necessità di soffrire non potrà non esserci anche per me.
Di una cosa sono però persuaso: il tuo Vangelo non è il Vangelo della sofferenza, ma è il Vangelo della gioia, che tu, come hai detto, sei venuto per portarcela in abbondanza. Questa gioia possiamo assaporarla già fin d’ora in questo nostro mondo, in questa nostra storia. Mi è rimasta in mente e nel cuore la frase di Madeleine Delbrêl, richiamata dal nostro Vescovo Mario nella sua omelia del Venerdì Santo: “Salvare il mondo non significa offrirgli la felicità, ma dare un senso alla sua sofferenza e regalargli una gioia che nessuno potrà sottrargli”.