Proponiamo il testo dell’omelia di don Mario, a commento del vangelo della quarta domenica di avvento
La parola Avvento significa Venuta e si intende il periodo di attesa del Natale, cioè della memoria della venuta di Gesù in questo mondo. La nostra liturgia nelle letture di oggi ci presenta però l’entrata di Gesù a Gerusalemme avvenuta prima della Pasqua, dove concluderà la sua missione di salvezza con la sua morte in croce e con la sua risurrezione.
Il motivo di questa scelta è quello di mettere in rilievo la profonda somiglianza tra il modo con cui Gesù entrò in Gerusalemme e il modo con cui Gesù entrò nel mondo con la sua nascita.
Sia quando nacque a Betlemme, sia quando fece il suo ingresso a Gerusalemme, Gesù scelse la via dell’umiltà, dell’abbassamento, dello svuotamento. La folla di Gerusalemme accolse Gesù facendogli una grande festa, inneggiando alla sua regalità. Ma Gesù per il suo ingresso definitivo non scelse un animale nobile, un cavallo, ma un asino, come è accennato nella profezia di Zaccaria, che parlava di un Messia umile e pacifico, “Re di giustizia, di amore e di pace”, non un re che fa il suo ingresso trionfale con carri da guerra, trascinando prigionieri, ostentando il bottino di guerra….L’asino è un’umile cavalcatura, una bestia da soma, da fatica, usata dalla gente semplice per il lavoro quotidiano.
Le parole con cui la folla di Gerusalemme acclamò Cristo – “Osanna nel più alto dei cieli”, ricordano quella degli angeli la notte di Natale – “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che Egli ama”. L’espressione Osanna significa in ebraico “dona la salvezza”, ed è quanto proclamano gli angeli ai pastori alla nascita di Gesù: “Oggi nella città di Davide è nato per voi il Salvatore che è Cristo Signore”.
Questo è lo stile di umiltà, di abbassamento che caratterizza tutta la vita terrena di Gesù, dalla sua nascita a Betlemme in una grotta, rifugio di fortuna di pastori, fino alla sua morte in croce a Gerusalemme. È quanto ci dice anche S. Paolo nella sua lettera ai Filippesi in quello che è chiamato “l’inno cristologico”: “Egli pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo diventando simile agli uomini, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”. Così come accenna Isaia nella 1a lettura: Entrato nella città santa come un agnello.
In questo modo possiamo dire che anche in questa Messa il Signore è presente nell’Eucaristia sotto i segni del pane e del vino che sono i segni più semplici, gli alimenti più comuni. Se questo è il suo stile si presenta così anche nella nostra vita di tutti i giorni. Non intende imporsi con miracoli spettacolari, anche per non violare la nostra libertà. Ma se siamo più attenti, quante volte dobbiamo dire che in tale o tal altra situazione c’è stato il suo intervento! E magari non pensiamo neppure di dirgli grazie.
Chi crede e ama veramente Cristo sente l’esigenza di entrare in contatto con Lui ogni giorno, ogni momento della giornata, in ogni ambito dell’esistenza, umilmente, senza enfasi, senza secondi fini, ravvivando quel desiderio di vita eterna che c’è in ciascuno di noi.
Certo, a volte si vorrebbe che il Signore intervenisse in modo più deciso per aiutarci quando una sofferenza, un dolore, una prova particolarmente grande o particolarmente lunga ci colpisce. Ma il Signore ci conosce, conosce la nostra storia, quello che è bene per la nostra vita e nella sua infinita misericordia non ci abbandona.
Mi pare questo un modo bello di vivere il nostro Avvento, magari cercando di trovare un po’ di tempo in più per la preghiera, nell’ascolto o nella lettura della parola di Dio, così da rafforzare la nostra amicizia con Lui, facendo maturare sempre di più la nostra coscienza cristiana secondo il Vangelo, acquisendo sempre meglio uno stile cristiano di vita. Ma, oltre alla preghiera, in questo tempo di Avvento non dimentichiamoci anche di gesti concreti di carità, pensando a chi è meno fortunato di noi. Magari aderendo anche all’iniziativa che ci propone il nostro Gruppo Missionario.
Facciamo anche un po’ di esame di coscienza circa i rapporti con il nostro prossimo e, se è necessario, avere il coraggio di una riconciliazione, aprendoci sempre di più al nostro prossimo cercando di diffondere attorno a noi gioia, pace, bontà.
La situazione di quest’anno ci obbliga, forse, a vivere il Natale con più sobrietà, con più riservatezza. Questo forse può aiutarci a viverlo più intensamente nella profondità del suo Mistero.
Don Mario
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