Pubblichiamo il commento al vangelo (Gv 4, 5-42) della seconda domenica di quaresima di don Maurizio
Gesù affaticato dal cammino sosta solitario a Sicar mentre i suoi discepoli sono andati a fare provviste. Si ferma vicino ad una SORGENTE: “ora c’era là una sorgente di Giacobbe”. L’inizio di questa pagina evangelica è ricca di riferimenti simbolici importanti per il cammino di fede, per la storia della salvezza.
Sicar è Sichem, cioè il luogo dove venne rinnovata l’alleanza tra Dio e il suo popolo guidato da Giosuè. Giacobbe è il padre delle dodici tribù di Israele. Giuseppe è il figlio che gli altri fratelli hanno consegnato ai mercanti nel deserto, dandolo per morto. Ma al tempo della carestia, quando in Israele non c’era cibo, le tribù di Israele trovarono rifugio in Egitto dove Giuseppe era diventato vice re. Alla vista dei fratelli la bibbia racconta che Giuseppe non si vendicò per quanto aveva subito, ma li accolse in Egitto dando loro ospitalità e possibilità di trovare le risorse per vivere. Le parole di Giuseppe condensano la sapienza di Dio, il solo capace di trasformare il male in un bene ancora più grande. È così anche nell’incontro con Gesù, con il Dio che salva. La sorgente allora non è semplicemente il pozzo a cui attingere acqua. La sorgente è la Sapienza di Dio. E Gesù vuole fare riferimento a questa sorgente.
Oggi nel cammino quaresimale ci avviciniamo a questa sorgente come fa questa DONNA samaritana. Anche lei è sola, e a mezzogiorno si reca al pozzo per attingere l’acqua necessaria alle proprie occupazioni. “Dammi da bere” – le chiede Gesù. All’inizio la donna sembra voler stabilire una distanza da questo giudeo: “come mai chiedi da bere a me che sono samaritana?”. La risposta di Gesù le apre un cammino: “Se tu sapessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere”,… ti avrebbe dato acqua viva”. Il dono di Dio è la sorgente di Giacobbe, è la Sapienza di Dio. Possiamo dire che Gesù stesso è questo dono in persona. Si rovesciano i ruoli, è Gesù che può dare l’acqua viva che dà la vita eterna, il Regno di Dio. Ci torna in mente quell’acqua che è stata versata nelle sei giare alle nozze di Cana.
In tutto questo Gesù non ha ancora toccato un goccio d’acqua è rimasto con la sua sete, perché per lui bere o non bere alla fine è secondario. L’essenziale è diventare sorgente. Ecco il battesimo! Questa donna dall’incontro con Gesù è chiamata a compiere un itinerario di fede.
Questa domenica di quaresima è legata al primo scrutinio. La samaritana è figura del catecumeno illuminato e convertito dalla fede, che aspira all’acqua viva ed è purificato dalla parola e dall’azione del Signore: “chiedendo da bere a una donna samaritana, le apriva la mente alla fede; desiderando con ardente amore portarla a salvezza, le accendeva nel cuore la sete di Dio” – questo leggeremo nel prefazio.
Anche noi che abbiamo già ricevuto il battesimo, alla luce di questa pagina evangelica, riscopriamo l’importanza della nostra vita cristiana. Professare la nostra fede significa diventare a nostra volta sorgente, annunciare e testimoniare ai nostri fratelli la gioia dell’incontro con Lui e le meraviglie che il suo amore compie nella nostra vita. Una volta che il Signore conquista il cuore della samaritana, la sua vita è trasformata e lei lo dice a tutti, senza più bisogno di nascondersi: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto? Che sia lui il Cristo?”.
E come Gesù non ha toccato un goccio d’acqua così la samaritana torna in città dimenticando il pozzo la brocca che le serviva per il rifornimento d’acqua quotidiano. Aveva trovato l’acqua viva, l’acqua che dà la vita e doveva condividerla, non c’era tempo da perdere, non poteva far mancare agli altri questa occasione. E leggiamo come il frutto di ogni incontro personale con Gesù si concretizza di nuovo attraverso la fede: “molti di più credettero a causa della sua parola” – cioè della parola di Gesù che dopo aver parlato alla samaritana si intrattenne “per due giorni” a parlare con la gente del suo villaggio.
Entrare in relazione con Gesù significa entrare nella sua relazione filiale con il Padre e nella sua relazione fraterna con gli altri, con tutti gli altri. Così egli è “il SALVATORE del mondo”.